

anni, dedicati allo studio, alle ricerche sto
riche e alla compilazione delle sue memorie,
uno rimase più profondamente impresso nel
l'animo dell'eroe: il 1889. in cui una delega
zione di patrioti ungheresi venne a Torino a
richiedere ancora una volta, se pur invano,
all'eroe di voler tornare. Presupponendo il
magnifico rifiuto gli avevano portato i suoi
amici, in un vaso d'argento, un poco di terra
magiara. Carezzò il vegliardo, con la mano
cerea e pur ancora ferma, quella terra religio
samente come aveva fatto varcando la fron
tiera deH'Lngheria all'atto di partirsene per
l'esilio, estremo saluto alla Patria che egli
già sapeva che non avrebbe mai più riveduta.
Furono istanti di intensa commozione e fu
una delle poche volte in cui le ciglia dell’eroe
s'inumidirono di pianto.
A Torino trovò la pace dello spirito. Amato
da tutta la cittadinanza egli soleva ogni giorno
passeggiare nell'aiuola Balbo, che fronteggia
la casa ove egli abitava ed ove oggi sorge
un'erma che sorregge il busto riproducente
il suo nobile viso, dono che il Governo unghe
rese volle offrire a Torino in segno di ricono
scenza per la città sabauda che ospitò gli
ultimi anni del generale.
Anche oggi non vi è ungherese che passi a
Torino senza recarsi a portare l'omaggio di
un fiore al piccolo monumento del grande
patriota. Luigi Kossuth venne a questa nostra
cara città con la certezza che vi si sarebbe
trovato bene. A ben considerare il fatto non
avrebbe potuto essere diversamente. L'Eroe
che aveva dedicato la vita all'indipendenza
dell'Ungheria, volle concludere la sua esi
stenza in Torino perchè più che altrove quivi
sentì palpitare quell'anelito alla libertà che
aveva formato l'alimento spirituale di cui
cibò la sua ardente anima appassionata negli
anni della lotta. Egli non avrebbe potuto
vivere in un ambiente arido; venne a Torino
con la certezza che avrebbe trovato amore e
comprensione. Come infatti fu.
L'eroe morì a 92 anni. Era nato a Cegled
nel Comitato di Zemplen di qua dal Tibisco.
il 19 settembre del 1802. II 20 marzo del 1894
a Torino chiudeva la sua giornata terrena.
Nell'ora suprema gli erano accanto Fran
cesco e Luigi Teodoro, i dilettissimi figli, e
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i rappresentanti del partito kossutiano conte
Karoly ed Helfy. Le donne della Transilvania
tesserono un lino in cui fu avvolta la salma,
che poggiava il capo su un cuscino ripieno
di petali di rose della Transilvania.
L'Italia e l'Ungheria nell'ora solenne tribu
tarono grandi onoranze all'esule. Dinanzi al
feretro Lajos Bartok, poeta ungherese, lesse
un epico canto: «
0
esule, tu torni a casa -
la tua bara si è chiusa e ti si è aperta la pa
tria » ... «Con la tua voce svegliasti milioni
di anime •» ... «Migliaia di uomini portano il
tuo feretro sugli omeri - sui quali, come sulle
onde del mare, ondeggia la tua bara » ... «Noi
non ti togliamo che il feretro - o Torino, città
di Kossuth, solo il lutto. - Verremo a te in
pellegrinaggio... - verremo tutti che ancora
crediamo nella volontà del popolo • se la tua
patria ci chiamerà di nuovo accorreremo
un'altra volta - e un'altra volta vinceranno
le nostre armi unite ».
Nel canto del poeta sono parole che la
storia può sottoscrivere.