

L A
F E S T A
DE L L’ U ¥ A
Ogni festa popolaresca italiana si è adat
tata ai tempi e alle esigenze dure della
guerra: le «giornate . che davano alle città
e ai villaggi la freschezza genuina dell'alle-
grezza del popolo, sono state mantenute rego
larmente nella tradizione del calendario, ma
hanno mutato volto e tono pur mantenendo
il nome di prima. Così è stato per la Festa
dell'uva.
Perchè sopprìmerla? Perchè dimenticare
questo frutto prelibato che la natura ha do*
nato in gran copia alle nostre terre feconde e
non rendergli il dovuto onore? E la manifesta
zione ha avuto luogo ugualmente anche in
tempo di guerra, ma con ben altro carattere
e in ben altra atmosfera: in quella schietta
e serena sobrietà doverosa nell'ora che volge
e con l'alto significato di un'ennesima prova
di cameratesca solidarietà offerta ai figli dei
combattenti e dei richiamati ed ai feriti di
guerra.
Migliaia e migliaia di cestini e di sacchetti
sono stati distribuiti a Torino, a cura di un
apposito comitato, comprendente i rappresen
tanti del Partito e dei vari enti, presieduto
dal Podestà che ha avuto il fattivo appoggio
di tutte le autorità e gerarchie cittadine. La
Festa dell’Uva ha avuto il suo svolgimento
nella nostra città nelle sedi dei gruppi rionali
e negli ospedali. Il capo della Podesteria, col
vice Federale, è intervenuto alla distribuzione
dell'uva, fatta al Gruppo Rionale «Gustavo
Doglia » e tra le spose e i figli dei soldati è
sostato a lungo con paterno interessamento per
tutti. E quando, terminata la distribuzione,
ha lasciato la sede del Gruppo con i gerarchi
che l'avevano accompagnato, una spontanea
e alta manifestazione di gratitudine al Duce
l'ha salutato.
E cosi è stato ovunque per questa Festa
deH'Uva dei nostri tempi duri: il pensiero
riconoscente dei beneficiati ricorreva subito
d'istinto a Colui che il gesto generoso aveva
voluto per innato senso di bontà. Le Donne
Fasciste, intanto, nelle bianche corsie degli
o«peHali recavano i sacchetti del profumato c
salubre frutto, posandoli sui bianchi lettini
di coloro che avevano versato il sangue per
la grandezza della Patria e che doloravano in
silenzio, impazienti di riprendere domani,
«ch'a còsta l’on ch’a costa », il loro posto di
battaglia, di sacrifìcio, di gloria.
Erano parole semplici di affetto e di bontà,
quelle con cui le donne del nostro popolo
accompagnavano il dono, con un sorriso com
mosso e riconoscente al tempo stesso sul lab
bro. E i forzati reduci dal fronte sentivano
intorno a loro un calore di bontà e di amore
che serrava la strozza, e i più per la commo
zione intensa non potevano parlare. Ma gli
occhi, lucidi, dicevano più di qualunque pa
rola.
Adornare le mense delle famiglie dei sol
dati e recare il saluto memore della terra
natia ai feriti di guerra è stato un particolare
onore fatto al saporoso frutto italiano: ma
l'uva meritava questa così gentile destina
zione sia per le sue antichissime origini ita
liche che sono un autentico titolo di nobiltà,
sia per il suo alto valore alimentare e tera
peutico.
Belle e acute frasi, e stupendi versi sono
stati scritti sull'uva, ma le ricerche dei chi
mici moderni hanno buttato in un canto arte
e poesia, per darci delle cifre, meno poetiche
se si vuole ma affatto convincenti: il conte
nuto in zucchero, sali, vitamine, fermenti è
tale nell'uva da farla considerare come ali
mento di primo piano per i bambini e gli
adulti.
Nei tempi duri della «guerra santa », quale
offerta più degna poteva essere fatta in au
tunno ai figli dei soldati ed ai feriti? Gli uni
e gli altri hanno bisogno di nutrimento pre
zioso e intenso per il loro sviluppo i primi, per
il ricupero pronto delle perdute energie i se
condi. Bimbi e feriti sono i soldati del domani,
più prossimo o più lontano: ad essi era dovere
dedicare in modo *>«**!»»«ivo
+
gene
roso la Festa dell’Uva: sana sobria festa del
popolo dell'Italia in guerra.
F U M O D O N A S d O