

a suonare il cembalo e il violino. Impara il
mestiere del >arto e. nella bottega d un cono
scente. quello del fabbro. A sedici anni, per
compiere «ili studi secondari, si reca a Chieri.
Dà ripetizioni al figlio di ehi lo tiene a dozzina,
risparmiando così la mesata: nelle ore libere
fa il cameriere di caffè, il cuoco, il pasticciere.
Questo è davvero crescere alla scuola della
vita. \ entenne. abbracciava la carriera >a-
cerdotale.
* * *
Da Castelnuovo era tornato a Torino il
3 novembre 1841 per frequentare il
Convitto
Ecclesiastico
che. aperto nel 1822 su autoriz
zazione di Re Carlo Felice, aveva sede ap
punto presso la chiesa di San Francesco d*As
sisi. Ne era rettore il teologo Luigi Guala. al
cui fianco, come assistente, si trovava Don
Giu>eppe Cafasso. il venerabile confortatore
dei giustiziandi.
Si deve a Don Cafasso il ritorno di Don
Bosco nella capitale. Il modesto prete di Ca
stelnuovo. incerto quale accettare di tre im
pieghi allora offertigli. >i era rivolto a lui per
consiglio. Il Cafasso fu esplicito: » Voi — gli
disse — avete bicogno di >tudiare la morale
e la predicazione. Rinunziate per adesso a
qualsiasi proposta e venite al Convitto . È
a Torino altre preziose conoscenze aveva su
bito fatto.
Significativo il suo incontro col canonico
Cottolengo. fondatore della <• Piccola Casa
della Divina Provvidenza . Don Bosco, ac
compagnato dal canonico, visitava m inuta
mente questa mirabile istituzione ospedaliera
che. a meno d un decennio dalla fondazione,
già ricoverava milleottocento infermi. Sul
punto di congedarlo, il Cottolengo gli osservò:
«Avete una veste di panno troppo sottile
e leggero. Procuratevene un'altra assai più
consistente, perchè i giovinetti possano a ttac
c a t i s i senza stracciarla... Verrà un giorno in
cui vi sarà s trappa ta da tanta gente ».
Parole profetiche. Le riferiamo dalla do tta
narrazione che della vita di Don Bosco ci dà
Giovanni Battista Lemoyne, sacerdote sale
siano. in un compendio storico che a buon
diritto può giudicarsi definitivo. Ne è uscita
dieci anni or sono un'apposita ristampa cu
rata da A. Amadei. Nel 1939 se ne tirava
una «econda edizione (1). Libro d'uno straor
dinario interesse anche per la calda p ittura
dell ambiente, con documentati riferimenti
alle vicende pubbliche e lucide rievocazioni
delle figure politiche succeduteci nel lungo
U l S oórtà U i t n r r l o l m u u u u l r . Turi*». IHk volumi iliu-trati
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».
periodo tra i primi lustri e il penultimo de
cennio del secolo scorso.
Quel colloquio con l’adolescente svòltosi
cent’anni fa. l’8 dicembre, nella sacrestia di
San Francesco d*Assisi, venne registrato dal
Santo nelle
Memorie
ed è riprodotto integral
mente nella
Storia
del Lemoyne. Il ragazzo
s’era incantucciato nella stanza, un po’ con
fuso. Alla domanda d 'un chierico se sapesse
servir Messa, aveva risposto candidamente
di no. E il chierico, allora, a investirlo con
l'epiteto di « bestione >*, percuotendolo sul
capo con una pertica adoperata, di solito, per
la pulizia dei soffitti. Il ragazzo, lesto, sguscia
fuori, ma qualche istante dopo si vede rag
giunto e invitato , in modo ben diverso, a
rientrare: il chierico stesso, con evidente im
barazzo. gli dice che Don Bosco vuol par
largli. L 'altro si volge e obbedisce, presen
tandosi al sacerdote. Questi aveva fatto al
chierico una reprimenda coi fiocchi, ordinan
dogli di richiamare il giovinetto, senza in
dugio.
Non saremo, noi. troppo severi col quel chie
rico. Vezzo dell’epoca. In generale, escluse lode
voli eccezioni, non v'era spirito di indulgenza
per la gioventù abbandonata. Si vedeva un
ragazzo malvestito? Doveva considerarsi un
monello da scacciare, un barabba da cui con
veniva guardarsi. Ci voleva Don Bosco per
ammonire che sotto l'abito logoro, spesso,
un'anima tacitamente cercava le vie della
salvezza.
Eccolo, dunque, davanti al vagabondo. Gli
parla bonario: — Hai udito la Messa? No?
Vieni ad ascoltarla, ma poi aspettam i... Ho
da dirti una cosa che ti farà piacere. — « Era
mio desiderio — aggiunge nelle
Memorie
—
mitigare l’afflizione di quel poveretto e non
lasciarlo con sinistra impressione verso i di
rettori di quella sacrestia ». Il ragazzo pro
mette di attenderlo. Si ritrovano a Messa
finita e il sacerdote assume un'espressione più
gaia, affabile. « Condussi — racconta — il mio
candidato in un coretto, assicurandolo che
non avesse più timore di bastonate •>. E lo
interroga. Il giovinetto si chiamava Bartolo
meo Garelli: era di Asti, orfano d ’entrambi i
genitori: aveva sedici anni, non sapeva nè
leggere nè scrivere. Anche per l'istruzione
religiosa: zero. Non conosceva nemmeno il
segno della croce.
— Se ti facessi un catechi.-mo a parte —
gli propone 'Don Bosco — verresti ad ascol
tarlo? Sta tranquillo: nessuno ti ma ltratterà .
Tu sarai mio amico. Quando vuoi che incomin
ciamo?
E il Garelli, rinfrancato: — Quando a lei
piace.
— Stasera? O vuoi adesso?
— Sì. con piacere —annuisce il giovinetto.
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