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tosa missione — a vantaggio della gioventù ■>.

Quanto a quel Bartolomeo Garelli. primo. cro­

nologicamente. tra i suoi discepoli, o add irit­

tura. come accenna il Lemoyne. «pietra fon­

damentali* deirOpera Oratori Festivi . con­

tinuò a frequentare con assiduità le riunioni

indette dal Santo, presso il quale fu visto

« ancora dopo il 1855 ».

* * *

Come I*" Opera abbia potuto, da quella

disadorna stanzetta, trasferirsi in Valdocco e

di qui diffondersi in Italia e all'estero. diven­

tando una tra le più imponenti istituzioni

educative, assistenziali e missionarie ora co­

nosciute. è storia che attinge i limiti del

prodigio. Meno d ‘un quarantennio separa i

contrasti e le incertezze del primo periodo dalle

affermazioni vittoriose che avrebbero condotto

alla fulgente apoteosi. Quando Don Bosco

morì, il 31 gennaio 1888. le sue benemerenze

erano da vari anni universalmente ammesse.

La sua fama aveva varcato i confini della

Patria, le folle lo veneravano, illustri uomini

di governo gli avevano reso omaggio.

I contrasti iniziali non possono sorprendere.

11 sacerdote Astigiano instaurava un nuovo

sistema didattico. Come per tu tte le cose

nuove, anche per la sua scuola, dapprima,

furono dubbi, diffidenze, ostacoli. Perseverò

e convinse gli avversari più ostinati. In che

si riassume il suo sistema? Alla severità a r ­

cigna. fino allora usata da pedagoghi pedanti

e non di rado maneschi, egli sostituiva il fare

gioviale, il tono benevolo, il fraterno consi­

glio. l'aiuto discreto offerto con incoraggiante

amicizia. I/insigne maestro contribuiva così

a creare i moderni metodi educativi, basati

sulla dolcezza persuasiva e sull'efficace esem­

pio pratico.

Si spiega come i ragazzi corressero a lui e al

>uo fianco rimanessero volentieri. I sette disce­

poli del 12 dicembre erano diventati, in poche

settimane, parecchie decine, poi centinaia; in­

fine. furono una schiera innumerevole. E Don

Bosco non respingeva mai nessuno: per tu tt i

un suggerimento, una massima, un racconto,

uno svago: al bisogno, anche un pane (1).

(1) AlTetà di nove anni un m p v ) In aveva illuminato sulla Mia

futura attività. |x» riferì nrllr Memorie e giova dime [trrrhf «piega

viemmeglio il fondamento della «uà dottrina. Sembrava al piccolo

Giovanni B<wco rbe dei ragazzi lo molestassero. Kgli

«1

difendeva

eoi pugni e coi piedi, finché i persecutori non si trasformarono in

animali selvatici che «'azzuffavano tra di loro, \pparve a questo

punto un misterioso personaggio, il quale disse a Giovannino: R en­

diti umile, forte e robusto. (!in che vedrai fare con que-ti animali,

ta farai coi miei figli ».

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bestie subirono una seconda metamor

fosi. diventando tanti candidi agnellini che s'arrncciav ano. dorili,

intorno al personaggi», lambendogli la veste. Si sottintende rbe

quagli era Ge«à Cristo e il «an insegnamento «uonava in « n l i a u :

• Non con la violenza botta, ima eoa la forza co*óent>* e disciplinata

m

può aver ragione dei n o tim i, ammansirli, correggerli ». In tal

n od o •< rivelava mi Santo la a u vocazione.

Sei sedi passò l’Oratorio innanzi di stabi­

lirsi in Naldocco. Nel 1844, finito il corso al

Convitto Ecclesiastico. Don Bosco era nomi­

nato direttore spirituale all'Ospedaletto di

Santa Filomena, istituito dalla marchesa Giu­

lia di Barolo in via Cottolengo. Per diversi

mesi egli riunisce colà i suoi allievi. Nel

maggio del *45 fa una rapida punta — un solo

pomeriggio domenicale — nelì'editìcio del vec­

chio cimitero di San Pietro in Vincoli. L'anno

medesimo trasferisce le riunioni in via Priocca:

ai «Molassi . o Molini Dora, annessa ai quali

era una chiesetta, poi demolita, intitolata a

San Martino. Breve sosta. Sulla fine del ’45

eccolo tra>locare di nuovo per portarsi alla

ca>a Moretta, situata nello scomparso vicolo

Molineri, che s'apriva nello spazio fra le a t ­

tuali via Cigna e piazza Maria Ausiliatrice.

Erano tre povere stanze a cui si saliva dal

cortile per una scala esterna di legno. Furono

prese in affìtto e ('Oratorio Festivo vi rimase

fino al marzo 1846. quando la primavera lo

indusse a emigrare all'aperto in un vicino

prato di proprietà dei fratelli Filippi. Anche

il prato — cinto da una siepe di bosso e con

in mezzo una rudimentale baracca — venne

regolarmente affittato e lì i giovani seguaci

di Don Bosco, che già ammontavano a oltre

quattrocento, si radunarono alcune domeni­

che. Si tra tta , informa una nota nel libro

del Lemoyne. del terreno « che fu poi coperto

da una fonderia di ghisa, tra via Cigna, via

Cottolengo e il vicolo Molineri. Vi apparte­

neva pure una striscia dell'odierna via Cot­

tolengo . Come si vede, le circostanze sospin­

gevano il Santo verso la mèta designata. Era

in \aldocco e non ne sarebbe più venuto via.

La tappa seguente — la settima — è anche

il punto d'arrivo. Nell'aprile del '46 piglia in

affitto, per trecentoventi lire all'anno, la te t ­

toia di Francesco Pinardi. Non occorre più

chiarire l'ubicazione. Siamo nel cuore di quel­

l'insieme di fabbricati che costituiscono oggi

la Casa Madre dei Salesiani. Il nostro storico

precisa che la proprietà del Pinardi era « una

casipola di un solo piano oltre il terreno, con

la scala e un balcone di legno tarlato . Il

luogo affittato a Don Bosco era lì dietro:

« una lunga tettoia a piano inclinato, o meglio

a piano precipitato, perchè da un lato aveva

poco pi j d 'un metro di altezza . Scorci della

vecchia periferia, ardui a immaginare per chi

s'addentri adesso fra gli ariosi edifici che si

allineano con ordine geometrico, occupando

l'ampiezza d 'un vasto paese.

Quella misera tettoia era s ta ta a volta a

volta laboratorio da cappellaio e ripostiglio

per attrezzi di lavandaie. Meno di così non

ci poteva essere. Ma Don Bosco manifesta

ben presto la sua personale vena organizza­

tiva. Il

dicembre

1846

assume

in affitto