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capoversi del capitolato di aggiudicazione

trascritti al fol. 29 dei Registri dal diligen­

tissimo segretario Golzio: «</

fossi saranno

della forma già cominciata

(5),

cioè due tra­

bucchi di profondità ed in larghezza sette tra­

bucchi nel fondo avanti la faccia dei baluardi

e per scontro alle cortine nella stessa profondità

ma nella larghezza si porterà il disegno che dal-

Vingegniere sarà sopra il luogo terminato; la

terra che si caverà da detti fossi sarà portata

in dentro per formare il terrapieno e fuori per

formare l'argine e le mezzelune

». Ora, se nella

stampa si tengono sotto gli occhi i lavori che

le squadre degli sterratori e dei manovali

compiono, vi si vedrà una perfetta concor­

danza: la terra che viene scavata, è portata

parte verso la città a formare il terrapieno

interno, parte in fuori per costituire appunto

gli argini e le mezzelune.

Nella nostra incisione lo scavo lungo il

lato meridionale della cinta appare quasi ulti­

mato: rimane solo intatto, per ovvie ragioni,

il breve diaframma, su cui correva la strada,

che passando sotto la Porta Nuova metteva

in comunicazione cotesta parte della città

con la campagna. Come si sa, la Porta Nuova

era stata innalzata dapprima in legno e stucco

in occasione dell’ingresso a Torino degli sposi

Vittorio Amedeo principe di Piemonte e Cri­

stina di Francia (1620); ma la costruzione

stabile dovette seguire immediatamente, e

costituì forse il primo, e Punico giunto a

compimento, dei lavori intrapresi nel 1621

da Carlo Emanuele per le nuove fortifica­

zioni della città. Comunque sia, nei « Registri

delle Sessioni » dal 1632 in poi essa è sempre

indicata sotto il nome, ben significativo, di

Porta Marmorea.

Se si esamina con attenzione la stampa del

Boetto, si vede che i lavori riguardano sol­

tanto lo scavo del fossato, senza che vi sia

traccia di inizio delle costruzioni in muratura;

e che lo scavo, se è molto avanzato lungo il

lato meridionale (e cioè fra la Cittadella, la

Porta Nuova ed il bastione di San Lazzaro),

non è stato invece incominciato nel tratto

d'occidente fra il bastione e la cortina delle

vecchie mura. Sono elementi, che consen­

tono di giungere ad una precisazione di data

deirincisione, e non solo di anno, ma direi

quasi di mese. Poiché rinizio dei lavori è

sicuramente stabilito al 13 dicembre 1632.

e d'altro canto risulta dai « Registri delle

Sessioni » che il 3 marzo 1633 si era già eretto

un buon pezzo di muro, tanto che il succes­

sivo 26 la Commissione di sorveglianza faceva

il suo primo sopraluogo, e dopo un accurato

esame, esponeva le sue osservazioni e le sue

riserve; si può dedurre con sicurezza che la

stampa deve riportarsi al gennaio, o al più

ai primi di febbraio del 1633. La stampa

sarebbe in questo caso il primo, o per non

voler essere troppo assoluti, uno dei primis­

simi lavori d’incisione di Giovenale Boetto.

Dello stesso anno 1633 era infatti la sua più

antica incisione finora nota, <

11

suonatore

di flauto »

(Vesme,

Le peintre-graveur

, n. 24):

una piccola stampa anche questa (0.093 x

x 0,129) che probabilmente l’artista stesso

doveva considerare, al pari della nostra, come

saggio senza importanza, se l’anno dopo, 1634,

in calce al suo vero grande primo lavoro di inci­

sione (1,15 x 0,77): la tesi di laurea di Carlo

Francesco Nicolis di Robilant, in undici fogli

(Vesme.

op.

d i.,

n. 49-59) egli scrive ancora:

«

Juuenalis Boetti fossanensis primitiae -

1634 ».

Ma la nostra stampa offre anche qualche

altro dato interessante. In primo piano l'ar­

tista ha dato particolare risalto ad un gruppo

di cavalieri e di uomini a piedi. A sinistra,

nella figura dominante a cavallo si riconosce

facilmente lo stesso Duca Vittorio Amedeo I,

che accompagnato da due gentiluomini pure

a cavallo e da un paggetto, sta ispezionando

i lavori e dando disposizioni ed ordini. La

persona che a piedi gli sta accanto con una

grande carta spiegata, non può essere che il

progettista e il direttore dei lavori; e non

sarà azzardato allora riconoscervi Carlo di

Castellamonte, che il Duca aveva con speciale

biglietto e con vasti poteri preposto alla im­

portante impresa. Se così fosse, sarebbe, a

mia conoscenza, il primo ritratto dell’infa­

ticabile e geniale architetto che così grande

ed essenziale parte ebbe nello sviluppo edi­

lizio di Torino. Dai « Registri delle Sessioni »

si sa quale vigile e continuo interessamento,

giorno per giorno, portasse il Duca ai lavori

per queste fortificazioni, e come desiderasse

essere informato di tutte le questioni atti­

nenti, grandi o piccole che esse fossero, e

desse su ciascuna le sue direttive e le sue

decisioni. Ed è probabile, che le sue visite ai

lavori fossero frequenti, anche «e non sono