

Partito da Torino por andare
verso le città del ducato clic co
strinse
Lei all’esilio, avevo in
mente il salotto torinese che, nel
« decennio glorioso ». vide il fiore
dell’emigrazione patriottica italia
na. stilare, mutevole e sempre ric
ci' di cortesie speranze rampogne,
sotto lo sguardo caldo della Si
gnora.
(ìiuditta Sidoli mi era nell’a-
nimo quale il (ìiuriati per lunga
dimestichezza la vide, nel salotto
piuttosto severo di piazza Bo-
dom , contornata da due sue
figliole agucchiami, vestita di
nero, distinta nel
portamento,
spirante ancora soavità e bellez
za malgrado gli anni, per gli occhi
grandi e la fronte alta, la parlata
perfetta con voce armoniosa, che
sommamente attraeva chi
rav
vicinasse. e per qucH'indctinibilc complesso di pic
coli atti e movenze ed accorgimenti che tanno di
una donna graziosa e intelligente una personalità su
periore. Non sospettavo le modalità dell'incontro,
ma
certo è che la milanese Saloli vissuta vent anni in
Torino e qui riposante nel cantuccio tranquillo ove
tante volte in gioventù deponemmo religiosamente
rossi garofani, viaggiava con me. nelle sue sembianze
di donna che ha molto sofferto e vissuto.
Accadde quindi che, in una di quelle nostre mera
vigliose- città capitali di provincia, fastose per 1 tesori
d ’arte profusi nelle chiese monumentali, per le sedi
principesche, i palazzi grandiosi dcH’ Ottoccnto, e più
per le tradizioni di pittura, di scultura, di musica,
radicate e sviluppate con la vana interessantissima vita
regionale, e per fortuna invi ancora del tutto spente
dalla centralizzazione statale e dall appiattimento mol-
titudinario, — accadde, dico, che dopo aver cauta
mente bussati' ad una porticina di viuzza come na
scosta e dimenticata dal fervore cittadino, io fossi
introdotto in un salottmo spirante Ottocento da ogni
lati', e lasciato stilo.
Una meravigliata soggezione 1111 prese: (ìiuditta
Sidoh, in grandezza naturale, non più anziana, ma in
quell'età che segna il maggior fiorire del vigore, dei
G iuditta Sidoli
sensi, dell intelletto agile, era lì
alla parete dinnanzi a me, nel
quadro famoso dette* dc'll’ Appiani.
Mi guardava con quei grandi
incili castani sotti' le ciglia mar
cate. la bocca leggermente soc
chiusa e tutta la espressione del
viso illuminata com e da un sor
riso tra benevolo ed ironico; la
testa emergente dal busto sodo
sul vestiti' che ricorda il C inque
cento; in mano un libriccino,
torse, con un medaglione: certo
quello del suo sfortunato con
sorte, di lei figlia del barone
Andrea Bellerio, sposata a
C
ì h v
vanni Sidoli. Un po' turbato da
quella improvvisa presenza, e tut
tavia senza averne l’aria onde
mantenere un doveroso contegno,
aguzzai
lo sguardo per
ben
riconoscere il
discusso colore
dei capelli. Sì. attraverso la patina del tempo, la
pittura denunciava che le abbondanti chiome che
ornavano .1 guisa d un casco il capo erano bionde,
d'uii biondo caldo cangiante nel castagno: di quel
chiaroscuro variato come d ’oro antico e di rame e
di contenuta fiamma: mutevoli 1 bagliori secondo il
tempo e lo specchio esterno.
Nel breve giro di pinhi minuti, molte impres
sioni si affollarono, più che alla niente, ali ammo mio.
Ecco la giovane (ìiuditta sposa a 16 anni, che invece
di adeguarsi, e lo poteva, alle comode e grasse situa
zioni della borghesia provinciale, cospira con il ma
rito, intelligente e volitiva, contro il duca odiato, 111
vista d’ ini risorgimento della più grande patria, l’ Italia,
a nazione una e libera: quindi è costretta con i primi
suoi pargoli a seguire lui nella via dell'esilio per sfug
gire alla condanna, nella Svizzera e 111 Francia, ove il
compagno suo muore lasciandola a 24 anni con quattro
figli. Eccola trentenne nel forzato esilio perchè an-
ch ’essa bandita dal proprio paese, lontana dalle sue
creature, attiva nel m ovimen to repubblicano, vicinis
sima a Mazzmi col quale intreccia un amore vivace,
dalle violente tinte passionali, che le circostanze mu
tano 111 una devota reciprixra amicizia e comunanza
di propi»siti durate per tutta la vita. Eccola dopo il
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