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di legno impregnati di catrame o di altre sostanze

idrofughe, già nella vecchia via Roma nel tratto

piazza San Carlo-Porta Nuova, con blocchi di legno

tenuti insieme con cemento. Tuttora sono pavimen­

tate a blocchi m legno le vie Roma e Carlo Alberto.

In questi ultimi anni, si tentò anche un esperimento

con un pavimento 111 gomma elastica, nel tratto che

esiste ancora ora di via Nizza, all’ uscita dallo Scalo

Ferroviario prospiciente il corso Raffaello.

Dopo il i

i o o

circa, cioè dopo la morte di Ade­

laide, avvenuta nel 1091, figlia ed erede di Oldenco

Manfredo, moglie successivamente a tre mariti, gover­

nante essa stessa dei suoi Stati, quando entrò nell’or­

bita generale del movimento comunale, Torino, come

sopra detto, non arrivava ai 5000 abitanti, le sue case

erano misere, case e vie erano contraddistinte da segni,

non vi era ancora traccia di pavimentazione.

La costruzione vera e propria della città cominciò

sotto Emanuele Filiberto, ed i suoi successori ne imi­

tarono l’esempio, costruendo bastioni, la Cittadella,

l’ Università, ecc.

In fondo la città ha conservato, ingrandendolo,

l’aspetto primitivo impressovi da Giulio Cesare, come

accampamento quadrangolare (

castrum

) di legionari

romani, donde la simmetria e ortogonalità delle vie,

ed il complesso di case chiamate

insula?

o isolati, che

Alberto Viriglio (111

Turiti e i Turineis)

paragona ad

una « vera tavola pitagorica ».

A Torino, sino a non molti anni addietro, quasi

tutte le vie erano pavimentate ad acciottolato, data

anche la grande convenienza di usare questo mate­

riale che veniva a costare relativamente poco sia rica­

vandolo dalle rive del Po, che dalle rive della Dora

o della Stura.

Nel suo

Dizionario geografico, storico, statistico, com­

merciali- digli Stati di S. M. il Re di Sardegna,

Goffredo

Casalis, al voi. XX I, pag. 244. dove parla delle « vie

volgarmente dette contrade », dopo aver diviso queste

in due classi, cioè, antiche e moderne, definendo le

prime « strette, irregolari, ed in numero inferiore alle

altre che sono tutte ampie e rettilinee, che si incro­

ciano ad angolo retto formando le

insulae »,

afferma

che «il massimo difetto sta nel pavimento: le vie di

Tonno sono selciate senza doppio fondamento, e

l'andar per esse è di grave incomodo a quelli che non

vi sono avvezzi ».

Nello stesso Dizionario del Casalis, si riporta una

nota del Professor Stetano Borson, conservatore del

Museo di Stona Naturale di Torino, nella quale, in

data 1806. parlando del selciato di Tonno, scnvc:

« Se il selciato di Torino non presenta alle vetture

come a Firenze, a Roma ed 111 alcune altre città d’ Italia,

una superficie piana e quasi affatto liscia, e se

\cjri\juenti

lìmite

rendono ai pedoni il cammino duro ed incomodo,

il naturalista è però ampiamente compensato di questo

incomodo, dalla varietà e rarità delle pietre che com­

pongono il selciato ». Magra consolazione per il pedone

« non naturalista! ».

Intorno al 1900. in centro le vie principali erano

lastricate, specialmente dopo l’adozione dei tram elet­

trici, su per giù come lo sono presentemente, mentre

invece la via Garibaldi, per esempio, era lastricata

nelle parti laterali ai binari del tram, ed 111 mezzo ai

binari vi era l’acciottolato che serviva per 1 cavalli

che trainavano 1 tram stessi.

A questo proposito 1111 ritorna alla mente, come

certo ricorderanno 1 vecchi Torinesi, il fantastico equi­

paggiamento adottato dai conduttori, o meglio, gui­

datori di questi tram, nella stagione invernale, durante

la quale, si può dire che tutto il vestiario del loro

guardaroba se lo mettevano indosso, dai due o tre

pastrani, alle tascie e cappucci che coprivano quasi

totalmente la taccia, le mani avviluppate 111 guantoni

e « mitene » reggendo da una parte le redini, e l’altra

mano poggiata sulla manovella del freno, esposti a

tutte le intemperie.

Nei corsi l'acciottolato era sistemato nelle parti

laterali, nei controviali, ed il mezzo era pavimentato

con terra e pietre, cilindrato coi compressori stradali.

Si incominciò poi verso 1 primi anni del 1900 ad

adottare in qualche tratto di corso o di via, la pavi­

mentazione a catrame, e poi ad astalto misto a pietrisco.

L’acciottolato di Tonno comunque, faceva gola

ai « naturalisti », 111 quanto che il prefato Prof. Borson,

dice che « il selciato di questa capitale (Torino era

infatti allora Capitale del Regno di Sardegna) massime

quando è ben lavato dalla pioggia presenta una im­

portante collezione di pietre » ed il Casalis (op. cit.)

ci narra che queste pietre erano tanto mteressann che

alcuni anni prima della Rivoluzione Francese, un abile

artista, certo Biagio Ferrerò, aveva stabilito al Valen­

tino un^ manifattura dove si lavoravano le pietre dure

colorate che si trovano nelle acque del Piemonte, e

« massime quelle che formano il selciato della città di

Tonno *, e con esse si tornavano tabacchiere, bottoni

per abin. e c c .... ed altre « assai rare che 1 Tonnesi

calpestano senza avvedersene ».

Dopo la guerra 19 15-19 18 , colla conquista del Tren-

nno e del Cadore, si incominciò ad adottare la pavi­

mentazione a cubetti di roccia dolomitica che si presu

l i