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nella sua collezione. In tutti, opera di rapide e rubate

ore, senti come Kartista si innova gagliardo e sicuro

di fronte a quel vero che è così diverso da quello

padano, particolarmente nelle luci e che prima di

Parachini aveva avuto nel nostro Giuseppe Ricci il

più intuitivo interprete.

A concludere il fortunati' ciclo delle opere di

colonia compiute da Paracluiii, va ricordata ancora

la luminosa:

Scena f Oriente

che nel 1923 aveva con­

seguito alla Quadriennale di Torino il Premio Com ­

battenti.

Il secondo tempii di vita e d'arte tu per Parachini

la prova di una gagliarda, audace, fortunata ripresa;

molti di noi tornarono scorati e vinti; tra quelli che

invece vinsero è questo gioioso interprete di ritratti da

quelli' del defunto, celebrato acquerellista, Cìays, alla

parlante resa del volto di S. Ecc. Soleri, al composto

ritratto del defunto pittore Vayra tracciato con una

ammirevole delicatezza di toni, a quelli dell’ing. Ca-

muri, di Zignone, di Marchese, delle Contesse Lora-

Totino e Giordano delle Lanze. sino a questo fiorente

musetto di bimbo che possiamo riprodurre 111 calce

al nostro profilo.

Attività prodigiosa davvero quella di Parachim.

che passa dalle tempere larghe e toccate con una gio­

conda sensibilità da scenografo, agli acquerelli sentiti

come chiare sintesi della sua passione per il colore

delicato, alle acquetorti vigilate da una sicura inano

di disegnatore del buon stampo antico, agli affreschi

che nostalgicamente lo riaccostano all'arte del padre

suo e del suo maestro Gaidano, pur rivelando una

inconfondibile personalità.

Nel duro, nervosi' travaglio degli anni che viviamo

con paziente coraggio, quanti non sono gli affreschi

usati dai suoi pennelli rapidi e giocondi! Ricordo

l’opera del frescante a Ceva, Lombnasco, a Sordevolo,

a Sonso sul lato d’Orta, il ciclo grandioso della cele­

brazione per la

Regina l ’acis

dipinto nel Santuario di

Fontanelle a Boves, Cuneo, e finalmente gli studi

veramente stupendi, ma non ancora tradotti sulle

pareti del nuovo Santuario di Oropa. Fio voluto per

questo riprodurre e studiare una delle migliori pagine

religiose dell'Arte di Parachuu, avviandomi a con-

Bozzetto per il Santuario di O ropa

eludere il 11110 fraterno compito di biografo e di

ammiratore.

Siamo davanti alla scena:

l x Marie al Calvario.

In una età come questa, in cui la tradizione va sommer­

gendosi sotto l'ondata d ’ un mondo nuovo, ladresco

di cui tratto ha un sapore di pia leggenda. Stona

invece sacra che comincia con le Marie di Duccio

di Boninsegna, scende a quelle dell’ Angelico, di Man-

tegna per raggiungere Tintoretto. Si badi alla coni-

posizione, al tragico cielo di miracolo, al bilanciarsi

delle figure 111 un equilibrio drammatizzato dai gesti

e dall’esanime corpo del Cristo che assume certa pla­

stica alla Rubens, di verismo e idealismo insieme fusi;

plastica di classica consapevolezza per l’anatomia e

lo sbattimento poderoso delle luci. C ’è una veemenza

lirica che incatena sguardo e pensiero. Da questa

suprema altezza salutiamo la florida attività del pit­

tore ed auspichiamo per la nostra terra una ripresa di

arte che reagisca alle aberrazioni, alle deformazioni

delle anime e dei pennelli.

|XALO

m a r i o

a n g e l o n i

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