

Ci fu allora una breve
lotta tra noi due. Volevo
tornare indietro. Lei resi
steva ed ebbe, come capi
tava non di rado, il soprav
vento. anche perchè non
volevo metterla in so
spetto.
(olititi alla soglia di
casa, teci il gesto tipico
dello smemorato, aggiun
gendo che avevo dimen
ticato una visita da fare
prima di cena.
Dopo pochi minuti,
gettata una occhiata in ve
trina e riconosciuto l’og-
gettoche aveva provocato
l'esclamazione ammirativa
di mia moglie, spingevo
con emozione l'uscio del
negozio: «O/t/
EnglanJ»,
che aveva una clientela
esclusiva di
snobs
e di
non vendendo che pro
dotti esteri. Per ossi il lavoro italiano non esisteva.
Mi veniva incontro col grosso petto eretto cib
ine una catapulta, e col suo atteggiamento di alta
degnazione la padrona, •<Madame (ìamerrò », come
amava sentirsi dire. Veramente proveniva semplice
mente da un paesino delle prealpi bicllcsi. Era nata
solo « Cìamerro », ma poiché del suo nome erano
ricchi 1 casolari del luogo, e poiché aveva pensato
di poter far colpo sugli
snobs.
quando si era dedicata
esclusivamente alla produzione esotica, aveva lasciato
cadere un accento sull'ultima vocale del suo nome,
lusingandosi di essersi così spaesata.
Io
le avevo appena espresso il desiderio di veder
da vicino certi reggilibri di cristallo, scorti in vetrina,
che ricevevo la prima lustratma:
—
Gran gusto, quello del commendatore! (Vera
mente commendatore non sono e prego Iddio di non
diventarlo mai. Ma ni quel negozio, di gente senza
titoli non ne poteva entrare).
« Madama Ganierrò * tolse i due cristalli dalla ve
trina. collo stesso attei'i'iamcnto del sacerdote, che
toghe il calice dal ciborio e. deponendoh sul banco,
esclamò trionfante:
—
Giunti in giornata
da Parigi e col corriere.
Opere di Latouche, un
gioiello.
Il preambolo non man
cò di impressionarmi.
«Latouche ?» Sarà, ma non
I lio mai sentito nominare.
F. provai lo stesso brivido,
come da studente, quando
1111 si chiedeva qualcosa,
che non avessi mai cono
sciuto neppure da lontano.
Si trattava certo di
due bei pezzi di cristallo,
squadrati da un lato e con
figure sbozzate, dall'altro.
Li esaminavo con cautela,
ruminando una trase ap
propriata per chiederne il
prezzo.
— Mille lire, — mi disse la Gamcrrò, aggiun
gendo, per tapparmi la bocca: — Un inezia per
un’opera d’arte di questa torza.
Ritornai a prendere tra mano 1 cristalli di La
touche, rimirandoli da ogni lato, mentre pensavo:
« Che sarà di me ? Ed ho vissuto sin qui senza
nulla sapere di un Latouche! »
Forse ebbi torto. Forse tu solo effetto della diffe
renza tra le mille lire richieste e le duecento che
avevo in tasca. Ma un bel momento osservai :
— Magnifica l’opera, ma anche M io il prezzo. No •:
Mi scese addosso uno sguardo commiscrativi).
Ebbi l'impressione che non scendesse da quegli
occhi severi, ma dalla stella, che tu issata sul
culmine della Mole Antonclhana. Dopo lo sguardo,
queste parole flagellanti:
— Un « Latouche » per nulle lire ? Regalato. E un
caso che lo possa offrire a così buon mercato. Un
prezzo simile non lo si vedrà mai più. Si tratta di
saper cogliere l'occasione. In Torino non ne ha uno
che il Principe di Piemonte.
I
medici dicono che il corpo umano può benissimo
impiccolire. In tondo siamo 111 gran parte acqua.
Basta chc ne esca un po’ di più ed ecco i dischi inter
vertebrali diventare più sottili. E così il resto.
21
Lasciò cadere la caramella...