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Maria Cristina e Carlo Emanuele II

289

L'istruttoria del processo venne affidata a Carlo Antonio Blan–

cardi, auditore di guerra, che

p~r

ignobili cagioni, aveva sollecitato

il

triste uffìzio. Egli era nemico personale

dell'Alfieri

e pose in opera

ogni mezzo per sostenere l'accusa. Si esaminarono oltre duecento

testimoni a carico dell'accusato, molti dei quali istigati dal giudice

stesso a deporre il falso; si rifiutarono le testimonianze a difesa;

non si tenne alcun conto delle proteste d'innocenza dell'accusato.

Per quanto la gravissima imputazione di tradimento non avesse

consistenza, perchè contro di essa stava tutta una vita integra ed

onorata, tuttavia la condanna contro l'Alfieri venne pronunziata e

fu terribile. Privato della suprema onorifi cenza dell'Annunziata, fu

condannato alla forca. Ma provvida lo colse la morte prima che

l'iniqua sentenza venisse eseguita: quello sventur ato, sfinito di forze

fisiche e affranto di spirito, finiva i suoi giorni il 13 sette mbre del 1674.

Si vociferò che la morte non fosse naturale, ma procurata col

veleno, Il medico veramente esclu se che la mort e fosse dovuta a

sostanze venefich e, e sarebbe forse da accogliere la sentenza di lui,

se il Governatore del Castello, in una lett era al Duca, non avesse

scritto queste parole di colore oscuro:

«

circa

il

veleno avrebbe ca ro

il signor conte Piscina che lo. facesse fare,

e

questo non l'ho voluto

accordare

» ,

la tomba del povero Conte Catalano bastò a spegnere l'ira e

l'animosità de' malevoli. Il Blancardi e i suoi degni compagni avreb–

bero voluto infierire contro la memoria di lui e confiscarne i beni;

ma

il

Duca si oppose; bensì rivolse

il

suo sdegno sopra

il

fi glio del–

l'estinto, togliendogli

il

comando di uno di quei due reggimenti man–

dati in Francia in aiuto di Luigi XIV ; onde il Condè, quando

sentì

che gli agenti ducali perseguitavano anche il Marchese di Livorno,

che era riuscito a mettersi in salvo, ebbe ad esclamare:

«vorrei sapere

da chi

il

Duca di Savoia sia consigliato a di sfarsi delle persone che

lo servono così bene

» .

Dopo la morte dell' Alfieri si affrettò il processo contro il Mar–

chese di Livorno, a porte chiuse, senza dar luogo a difesa. E il Truchi

e il Leone, a ciò delegati, dettero sentenza conforme ai voleri del

Principe di piena colpabilità per l'accusato, che venne condannato

in contumacia alla perdita di tutte le cari che e di tutti gli onori, alla

confisca de' beni e alla morte.

Sorte consimile, e questa volta meritata, toccò al Blancardi, reo

di avere, durante

il

processo contro l'Alfieri, adoprato tutte le arti

più tristi e malvage a rendere più grave la condizione dell'accusato.

19 -

BR.~GAGNOLO

e

B ETTAZZI,

Torino mila storia del Piemonte e d'l la lia,

voI.

II.