

Maria Cristina e Carlo Emanuele II
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L'istruttoria del processo venne affidata a Carlo Antonio Blan–
cardi, auditore di guerra, che
p~r
ignobili cagioni, aveva sollecitato
il
triste uffìzio. Egli era nemico personale
dell'Alfieri
e pose in opera
ogni mezzo per sostenere l'accusa. Si esaminarono oltre duecento
testimoni a carico dell'accusato, molti dei quali istigati dal giudice
stesso a deporre il falso; si rifiutarono le testimonianze a difesa;
non si tenne alcun conto delle proteste d'innocenza dell'accusato.
Per quanto la gravissima imputazione di tradimento non avesse
consistenza, perchè contro di essa stava tutta una vita integra ed
onorata, tuttavia la condanna contro l'Alfieri venne pronunziata e
fu terribile. Privato della suprema onorifi cenza dell'Annunziata, fu
condannato alla forca. Ma provvida lo colse la morte prima che
l'iniqua sentenza venisse eseguita: quello sventur ato, sfinito di forze
fisiche e affranto di spirito, finiva i suoi giorni il 13 sette mbre del 1674.
Si vociferò che la morte non fosse naturale, ma procurata col
veleno, Il medico veramente esclu se che la mort e fosse dovuta a
sostanze venefich e, e sarebbe forse da accogliere la sentenza di lui,
se il Governatore del Castello, in una lett era al Duca, non avesse
scritto queste parole di colore oscuro:
«
circa
il
veleno avrebbe ca ro
il signor conte Piscina che lo. facesse fare,
e
questo non l'ho voluto
accordare
» ,
Nè
la tomba del povero Conte Catalano bastò a spegnere l'ira e
l'animosità de' malevoli. Il Blancardi e i suoi degni compagni avreb–
bero voluto infierire contro la memoria di lui e confiscarne i beni;
ma
il
Duca si oppose; bensì rivolse
il
suo sdegno sopra
il
fi glio del–
l'estinto, togliendogli
il
comando di uno di quei due reggimenti man–
dati in Francia in aiuto di Luigi XIV ; onde il Condè, quando
sentì
che gli agenti ducali perseguitavano anche il Marchese di Livorno,
che era riuscito a mettersi in salvo, ebbe ad esclamare:
«vorrei sapere
da chi
il
Duca di Savoia sia consigliato a di sfarsi delle persone che
lo servono così bene
» .
Dopo la morte dell' Alfieri si affrettò il processo contro il Mar–
chese di Livorno, a porte chiuse, senza dar luogo a difesa. E il Truchi
e il Leone, a ciò delegati, dettero sentenza conforme ai voleri del
Principe di piena colpabilità per l'accusato, che venne condannato
in contumacia alla perdita di tutte le cari che e di tutti gli onori, alla
confisca de' beni e alla morte.
Sorte consimile, e questa volta meritata, toccò al Blancardi, reo
di avere, durante
il
processo contro l'Alfieri, adoprato tutte le arti
più tristi e malvage a rendere più grave la condizione dell'accusato.
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BR.~GAGNOLO
e
B ETTAZZI,
Torino mila storia del Piemonte e d'l la lia,
voI.
II.