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'Capitolo IX.
Torino, con l'incarico di stipulare i nuovi acc-ordi col Re. Quell'uomo
destò nell'animo di Vittorio Amedeo un senso così vivo di ripu–
gnanza, che non volle riceverlo: il che .detteluogo a un vivace scambio
di proteste e di risentimenti, e poco dopo, non ostante i consigli
dell'Inghilterra, alla dichiarazione di guerra.
Compromessasi irreparabilmente con la ' Francia, impotente con
le sole sue forze a difendere contro di essa Nizza e Savoia, mesco–
latasi per il corso di quasi tre anni a tutti ' i maneggi degli esuli, al
momento della lotta, Casa Savoia, che non si era prima assicurata
della soJlecita cooperazione dell'Austria,
nè
tampoco sul contingente
di forze con le quali l'Impero avrebbe dovuto soccorrerla, si trovava
abbandonata come alleata inutile da quella Corte, alla cui balìa si
era data senza ritegno e per le cui sollecitazioni . aveva consentito a
partecipare alla lega europea.
Tentò Vittorio Amedeo far nuovo appello agli Stati italiani, perchè
lo soccorressero; ma senza nulla ottenere.. Poco dopo riprendeva le
trattative con la Francia, ma i ' tumulti del 20 giugno a Parigi e poi
quelli .del 10 agosto, che ponevano la Corona francese e l'Assemblea
nelle mani della plebe furente, inducevano il Governo piemontese a
dichiarare che non poteva trattare con un
«potere fondato sulla rena
»,
Se gli Alleati, dopo la fallita incursione nel Belgio per parte dei
Francesi (maggio 1792), si fossero subito volti verso la frontiera
francese, la Francia avrebbe corso un brutto pericolo. I primi eser–
citi francesi
a~evano
dato un triste spettacolo di paura e di indi- .
sciplina: il ritardo degli Alleati salvò la Francia, e le permise di
riordinare le sue forze.
La Russia aveva appunto atteso la dichiarazione di guerra per
invadere la Polonia e sottometterla al proprio dominio; ma Austria
e Prussia non intendevano di consentire a Caterina II l'occupazione
di quell'infelice paese, senza avere anch'esse la loro parte di preda.
Le trattative che ne seguirono furono così lente che solo verso
i primi d'agosto le milizie austro-prussia ne poterono arrivare alla
frontiera francese. Volevano 'esse salvare la Monarchia, e questa,
accusala di connivenza cogli stranieri, il 10 d'agosto veniva rove–
sciata. Arbitro della situazione divenne allora il Comune di Parigi,
che, ricostituito con nuovi elementi, pretese di essere il vero inter–
prete del pensiero della Francia e di dettare all'Assemblea
le
sue
volontà.
Frattanto, ad accrescere il pubblico fermento, giungeva la notizia
che gli stranieri erano entrati nel territorio francese, ponendo assedio