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Torino eroica

401

«

operosa dei cittadini. Gli uni vanno a ga ra nel caricars i sulle

«

spalle le barelle che trasportano i feriti: gli altr-i li forni scono di

«

cordiali d'ogni maniera; qua si ,prodiga

101'0

vino ed acquavite, là

«

i meno agiati porgono acqua, biancheria, filacce : ciasc uno vuole

«

assisterli nella misura de ' proprii mezzi.

È

veramente una bella

«

gara di · virtù cri stiane e militari: se la ca l'itàè difesa dal valore,

«

il valore è

soccorso dalla

carità

» .

Ad .accrescere il tripudio per la vitt or ia conseguita giunse ro

nuove lettere del Duca e del Principe Eugeni o annunzianti · il

101' 0

imminente arrivo;

cosicchè

la fiduc ia che nel bu on es ito della

guerra sosteneva la Città da tre mes i divenne un a vera certezza, e

i difensori si recavano a cambiar le guardie al suono di musiche

e tamburi.

Narra l'anonimo autore del

Giorna le del famo so assedio di Torino,

che il marchese Ro ero di Cortanze, trovandosi nella notte dello set–

tembre a montar la guardia sugli spalt i della Citt à, volle che con lui

andassero i sonatori di ' obo e del reggimento di guardia e sonas–

s ero nelle trincee arie sche rzevoli, quasi a rimproverare agli asse–

di anti la loro codardia.

L'ufficiale fran cese che si trovava non molto lungi, doma ndò chi

comandava nella Cittadella, e come ne udì il nome:

«

ben lo conosco

»,

rispose tosto, e lo pregò che volesse in vitare i suoi sona tori a son ar e

le

follie di 'Spagna.

Argutamente rispo se il Marchese che qu ella

sonata non era più di moda, ma che avrebbe fatto invece sonare

la

pazzia della Francia;

che aveva voluto intraprendere l' assedio di

una città, che si sapeva ben ' munita e gagliardamente difesa da tutti

i suoi abitanti.

A questa risp ost a rimasero stupefatt i i Frances i, e,

poich è

non

potevano vietarlo, la sciarono che pe lle trin cee si sonasse la

«

pazzia

di Francia

».

Durò l'armonia per due ore, mentre gli assediati can–

tavano e beve van o lieti, e con motteggi invitavano i Francesi a

danzare là dove non avevano sa puto sa lire da combatte nti.

«

Sono tre mesi e più che dura la lotta accanita, conclude, eppure

non

è

ancora uscito dai cuori il buon umore, segno che la paura non

vi può annidare

» .

Neppure negli ultimi giorn i dell 'ass edio cessarono

i Francesi di far e alla Citt à

tutto

il male che potevano, e più per mal

animo che per l'illusione di portare l'assedio a buon fine, per tutto

il 5 e il 6 settembre fulminarono senza posa le mura torinesi, che

scosse da così lungo grandinare di proiettili, apparivano qua e là

danneggiate. Ormai il giorno della liberazione era spuntato.

26 - BBAGAGNOLO

e

B ETTAZZI,

Torino nella 'toria del Remanti e d'It alia,

voI.

II.