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Capitolo VI.
Aveva que l pr elato già scritto
il
suo discorso' per la circostanza,
discorso che era, com'è facile comprendere, un'allocuzione elogiasti ca
e celebrativa della persona e della famiglia reale ; e ' quant o a ciò
poteva parere intonata al momento; ma conteneva frequenti allusioni
alla tri stezza delle cond izioni economiche, onde si augurava che
il
Monarca non rich iedesse di più di qu anto gli veniva offerto. 11 povero
Monsignore, che non possedeva qualità e facondia diòratore; nell'udire
che il Re non chiedeva nulla, non seppe da/diversa intonazione al
discor so ch'e gli aveva elaborato, e imperterrito ne continuò la lettura
senza badare alla cont radizione stridente fra le parole ' sue e que lle
del Sovrano. Vittorio Amedeo finse di non avvedersene e lasciò che
il Parlamento deliberasse da sè sulle contribuzioni indi spensab ili
al suo governo.
Da Palermo la coppia real e si trasferì a Messina, dove, con non
minor pompa e solennità si ripeterono le cer imonie di Palermo.
Quivi uno dei primi atti del Re fu qu ello di restituire alla bella città
il suo Municipio , di cui era stata privata fin dal 1698 per punirla
d'essersi data ai Francesi ; quindi diminuì la gabella , del pane fra
l'esultanza del popolo minuto.
'
Il Re non perdeva .frattanto il suo tempo; ma emanava rescritti
e decreti inte si a migliorare la pubblica sicurezza, e proteggere le
coste da audaci pirati e l'interno da bande di masnadieri che
taglìeg–
giavano i paesi.
Provvide a riordinare il servizio militare, a rimuovere le cause
del malcontento sordo o aperto, che se rpeggiava nell 'isola pel disagio
economico, agricolo ed industriale del paese, che si sperava risanato,
come per incanto dal nuovo governo:
«
L' effetto ottenuto, 'scrive
il La Lumia,
diede prova di ciò che in
più, larga mi sura
si
sarebbe potuto aspettare, se alcune ragioni non.
fossero occorse a fra stornare l'opera illuminata del Principe ».
E prima di tutto la fallace illusione che Vittorio Amedeo avrebbe
posto stabile dimora nel suo nuovo dominio (1); poi una certa pre–
dilezione per i Pi emontesi e una specie di noncuranza verso i Sici-
liani; infine l'ostilità della Corte romana.
'
Eppure
il
nuo vo Sovrano s'e ra studiato di accaparrarsi in tutti
i modi la benevol enz a dei nuo vi sudditi ; aveva concesso un gene-
(1) Per veri tà la Corte non aveva dato nessun affidamento a questo proposito,
ma non si dette nemmeno pensiero di fare una fran ca dichiarazione che dissi–
passe l' equi voco.