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Capitolo VII.

gli era avversa, perchè qualche anno prima Carlo VI aveva manife–

stato di agognare ai possessi di terraferma della Repubblica di San

Marco. Genova era legata a Vienna, avendola gli imperiali aiutata a

sedare la rivolta della Corsica promossa da Andrea Ciaccaldi e Luigi

Giafferri (1732). Lucca, troppo piccola e modesta, non aveva voglia di

muov ersi. Gian Gastone granduca di To scana era scettico e indifferente.

Chi della guerra si mostrava impensierito era Rinaldo d'Este, Duca di

Modena, le cui terre potevano essere corse e saccheggiate dai soldati.

Le pratiche, che condussero ai trattati di Torino e dell'Escuriale,

a dir il vero, furono condott e con tanta oculatezza che gli imperiali

non si accorsero menomamente della burrasca, che si sarebbe scate–

nata su di essi.

Pochi giorni dopo la conclusione del patto, i reggimenti francesi

di guarnigione nel Delfinato, valicarono le Alpi, dirigendosi verso la

Lombardia. E soltanto allora Luigi XV dichiarò guerra all'Austria,

protestando di non poter rimanere indifferente dinanzi alla conculcata

libertà della Polonia, nè all'insulto fatto al Re Stanislao suo congiunto.

A sua volta Carlo Emanuele III in un pubblico manifesto dichiarava

che ((

avendogli fatto conoscere gli andamenti della Corte di Vienna

come tendessero a sienuare lentamente la sua sovranità finchè si pre- .

seniasse Toccasione di spegnerla , era costretto a secondare il giusto

ri sentimento del Re cristianissimo e a riparare

i

torti ricevuti pren–

dendo le armi

»,

persuaso non solo

«

di ritrovare nei sudditi suoi

quelle stesse prove di zelo, di fedeltà e di valore che in essi già speri–

mentarono gli augusti suoi predecessori, ma sperava altresì che Dio

p roteggerebbe la sua caus a

e

benedirebbe con avventurosi successi la

giu sti zia dei suoi di segni ».

Ai 28 di ottobre l'e sercito degli Alleati iniziò l'offensiva su Vige–

vano. Conveniva far pr esto e sor prendere il nemico alla sprovvista,

poichè era nota la valentia del Generale au striaco, il Conte Daun,

che tanto si era seg nalato nell 'assedio di Torino. Valicato

il

Ticino su

ponti di barche i Franco-Sardi invadono la Lombardia. Pavia si arrese

senza contrasto e Lodi ne seguì l'esempio; quindi capitolarono Pizzi–

gh ettone (30 novembre), Cremona (9 dicembre), il castello di Milano

(2 ge nnaio

1734),

Novara (7 gennaio) e Tortona (7 febbraio).

Gli imperiali, colti così di sorpresa, furono facilmente sopraffatti,

con grande sgomento del Generale Daun, che corse a Vienna a dar

notizia dell'avvenimento.

La Corte, come osserva il Giannone nella sua autobiografia ine–

dita, che si conserva nell' Archivio torinese, ne fu sbigottita

«

non