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Capitolo VII.

avrebbero voluto, e se ne capisce agevolmente la ragione, un vicino

troppo potente.

Quando Carlo Emanuele ebbe notizia della condizione che gli

veniva fatta nel trattato, protestò vivamente; ma le sue proteste non

trovarono appoggio negli Alleati: la Francia era stanca di una guerra

che si combatteva ad esclusivo beneficio degli altri; la Spagna si

doleva dei Francesi che si erano tardi risoluti all'assedio di Mantova,

e così la triplice Alleanza poteva dirsi una nave in procinto di sfa–

sciarsi. D'altra parte gli Stati neutrali si dichiaravano contrari ad

escludere l'Austria dal dominio d'Italia, cosicchè il Re di Sardegna

fu costretto

a '

contentarsi di Novara e del Tortonese e accettare

nel 1739

il

trattato, sottoscritto l'anno precedente a Vienna dall'Austria

e dalla Francia;

3. - L'anno stesso in cui scoppiava la guerra, i raccolti , erano

stati scarsissimi in Piemonte. L!l derrate difettavano a tal segno che

il numero dei mendicanti crebbe smisuratamente e molte famiglie

si nutrivano di erbe bollite senza sale o condimento di sorta, Nar–

rano i cronisti di persone ridotte a brucar l'erba dei prati come le

bestie, eppoi morire d'estenuazione e di fame.

Il tlagello della carestia, che si accompagnava.. a quello della

guerra , era in gran parte dovuto alla siccità. A cominciare dal set–

tembre, per dodici lunghi mesi, non discese la pioggia a ristorare le

campagne riarse e assetate.

In un diario del tempo si legge che

il

10 aprile 1734, si fece in

Torino un digiuno universale di pane ed acqua ed una processione

per impetrare la pioggia, e per due anni si tennero spenti i fanali

della citt à , assegnando ai poveri il denaro che si spendeva per

l'il–

luminazione.

Il principio del nuovo anno 1735, mentre ancora sonavano le

armi in Lombardia, la Reggia di Torino era stata funestata dalla

morle della regina Polissena, universalmente amata e rimpianta. Da

lei Carlo Emanuele aveva avuto tre figliole: Eleonora che morì a

Moncalieri senza lasciare alcuna memoria di

(1781); Maria Felicita,

cui Torino deve l'istituzione del Collegio delle vedove ,e nubili; e

Maria Luigia, che visse ritirata nel Monastero delle Benedettine di

Sant'Andrea a Chieri (1). Ebbe anche due figli: Vittorio Amedeo,

(1) Nessuna di queste tre Principesse andò a marito intendendo Carlo Ema–

nuel e II di sposarle soltanto a Re di Corona, e siffatte nozze non si presentarono.