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I regni di Carlo Emanuele III e di Vittorio Amedeo III

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ferir la corona delle Due Sicilie a uno dei suoi fi gli piuttostochè a

D. Filippo, Duca di Parma, come .voleva la diplomazia degli . Stati

collegati.

La guerra dei

Sette anni

(1756-1763), che di

a poco sconvolse

. l'Europa, lasciò tranquilla l'Italia. Per verità la Corte inglese s'era

studiata di attirare nella lotta anche gli Stati italiani, con la promessa

a Carlo Emanuele III di nuovi ingrandimenti in Lombardia e nella

Liguria; assicurando al Re di Napoli la succ ession e al trono delle

Due Sicilie ad uno de' suoi figli, promettendo a Don Filippo di Bor–

bone un ingrandimento del suo Ducato, ma la Corte di 'l'orino, stanca

delle lotte precedenti, non ne volle sapere e gli altri Stati italiani

ne seguirono l'esempio.

Non si lasciò il Re di Sardegna nemmeno attirare dalle lusinghe

francesi, e serbò la più stretta neutralità, contentandosi che fossero

riconosciuti i suoi diritti sul Piacentino.

Dopo sei lunghi anni di lotta, esauste le forze dei belligeranti,

. per la mediazione di

Carlo

Emanuele III, la pace fu conclusa a

Parigi nel 1763.

Ebbe

il

Re di Sard egna, come compenso all'opera diplomatica

posta in servizio della pace comune, confermati i suoi diritti su Pia–

cenza nel caso si estinguesse la famiglia borbonica, che vi dominava,

e il godimento del frutto di otto milioni di lire, depositate da Francia

e Spagna nell e casse del Monte Pio di Torino.

8. - Dopo la pace di Aqui sgrana le cure del Re e dei suoi mi–

nistri

si

volsero a migliorare le condizioni economi che e mor ali del

paese e a comporre i dissidi che lo Stato aveva frequenti ed aspri

con la Santa Sede.

.

I provvedimenti intesi a risanare il paese moralmente ed avviarlo

alla floridezza economica, furono e sono degni della più alta lode:

non così gli espedienti per l'aggiungere la pacificazion e con Roma.

Lo storico imparziale deve riprovare la politi ca del Re e del suo

Ministro,

il

Marchese d'Ormea, che , pur di riuscire nel

101'0

intento,

non si trattennero dal commettere un atto di violenza, che nessuna

ragione di Stato vale a giustificare.

Pietro Giannone (fig. 120), insigne giureconsulto, aveva pubblicato

a Napoli, nel marzo del 1723, la sua

Isioria civ ile del Regno di Napoli,

nella quale studiando le origini e lo svolgimento delle istituzioni e

degli uffici civili, fece una vigoro sa difesa dei diritti dello Stato laico

contro le ingerenze della Chiesa.