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La vita e

il

costume torinese sul cadere del secolo

XVIII

555

«

La scuola di filosofia

-

racconta lo stesso Alfieri -

si faceva

al dopo pranzo nell' Università. Nella prima mezz'ora si scriveva' ,il

corso o dettatura del professore; e nei tre quarti d'ora rimanenti si

p

rocedeoa

poi alla spiegazione, Dio sa quale, fatta in latino dal cat–

tedratico. Noi tutti scolari inviluppati rispettivamente nei rispettivi -

-manie l loni.

eaporitiesimamenie dormivamo, nè altro suono si sentiva tra

quei filosofi se non la voce del professore languente che dormicchiava

egli pure, e

i

diversi toni dei ruseatori, dii alto, chi basso, chi medioç

i!

, che faceva un bellissimo concerto. Ma questa negligenza di studi non riu–

sciva grave ai parenti che era usuale massima dei nobili piemontesi

»,

Nè le cose meglio procedevano sotto l'aspetto morale:' Fioriva

anche in Piemonte, come in tutta Italia, una delle costumanze più

ridicole e deplorevoli, quella del cavalier servente. Questa consuetu–

dine, che-fu detta con vocabolo dispregiativo,

cicisbeiemo,

è

degna di

quella vita frivola e corrotta che si rivela nell'arte e neJJa letteratura

, sett~e~tesca: Essa

minava l'integrità della famiglia, e recava talora

nell'intimità

delle pareti domestiche la più sfacciata corruzione.

Quella moda ,- osserva giustamente il Marenduzzo .-:-. trasforma- '

• tasi in una seria abitudine del costume signorile, così da scrivere

nei contratti nuziali il nome del futuro cavaliere, che avrebbe

servito

, la dama, segnava l'indice più evidente della decrepitezza a cui era

pervenuta la vecchia nobiltà, la quale abbandonatasi alla mollezza

del vivere e al lusso sfarzoso, ' consumando la giornata fra mille

sciocche~ze

ed

i~finite

nullaggini, doveva presto esser spazzata via

dal

tu~bine

della rivoluzione, come una classe inutile ed esausta nel–

l'ambito minuscolo d'una vita frivola , leziosa e falsa. La corruttela

penetrata in tutti gli ordini del corpo sociale, era giunta nell'aristo–

crazia ad intaccarne il midollo, fino a pervertire ogni senso di pudore

e di onore, col mascherare il libertinaggio sotto l'aspetto d'una raf–

finata costumanza, col levare la civetteria ad istituzione domestica e

rivestire l'adulterio delle forme d'una

«

rituale galanteria

» .

Contro simili aberrazioni del costume insorse, voce aspra e di

rimprovero, il verso sdegnoso e demolitore di Giuseppe Parini e

quello non meno nobile negli intenti di Gaspare

Gozzi. :«

In questa

tendenza di ridurre a regola queJJo che prima era disordine, di dare

al vizio una specie di legalità, apparisce -'- dice giustamente il Car–

ducci - la tarlata coscienza del tempo

».

Se i cicisbei, come suppone il Foscolo, fossero stati

compo~ti

mirabilmente di qualità negative, o fossero stati degli

eunuchi,come

malignamente dice il Goudard, se la

~oÌ'o

servitù si fosse limitata

.~

.'