

La vita e
il
costume torinese sul cadere del secolo
XVIII
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«
La scuola di filosofia
-
racconta lo stesso Alfieri -
si faceva
al dopo pranzo nell' Università. Nella prima mezz'ora si scriveva' ,il
corso o dettatura del professore; e nei tre quarti d'ora rimanenti si
p
rocedeoa
poi alla spiegazione, Dio sa quale, fatta in latino dal cat–
tedratico. Noi tutti scolari inviluppati rispettivamente nei rispettivi -
-manie l loni.
eaporitiesimamenie dormivamo, nè altro suono si sentiva tra
quei filosofi se non la voce del professore languente che dormicchiava
egli pure, e
i
diversi toni dei ruseatori, dii alto, chi basso, chi medioç
i!
, che faceva un bellissimo concerto. Ma questa negligenza di studi non riu–
sciva grave ai parenti che era usuale massima dei nobili piemontesi
»,
Nè le cose meglio procedevano sotto l'aspetto morale:' Fioriva
anche in Piemonte, come in tutta Italia, una delle costumanze più
ridicole e deplorevoli, quella del cavalier servente. Questa consuetu–
dine, che-fu detta con vocabolo dispregiativo,
cicisbeiemo,
è
degna di
quella vita frivola e corrotta che si rivela nell'arte e neJJa letteratura
, sett~e~tesca: Essa
minava l'integrità della famiglia, e recava talora
nell'intimità
delle pareti domestiche la più sfacciata corruzione.
Quella moda ,- osserva giustamente il Marenduzzo .-:-. trasforma- '
• tasi in una seria abitudine del costume signorile, così da scrivere
nei contratti nuziali il nome del futuro cavaliere, che avrebbe
servito
, la dama, segnava l'indice più evidente della decrepitezza a cui era
pervenuta la vecchia nobiltà, la quale abbandonatasi alla mollezza
del vivere e al lusso sfarzoso, ' consumando la giornata fra mille
sciocche~ze
ed
i~finite
nullaggini, doveva presto esser spazzata via
dal
tu~bine
della rivoluzione, come una classe inutile ed esausta nel–
l'ambito minuscolo d'una vita frivola , leziosa e falsa. La corruttela
penetrata in tutti gli ordini del corpo sociale, era giunta nell'aristo–
crazia ad intaccarne il midollo, fino a pervertire ogni senso di pudore
e di onore, col mascherare il libertinaggio sotto l'aspetto d'una raf–
finata costumanza, col levare la civetteria ad istituzione domestica e
rivestire l'adulterio delle forme d'una
«
rituale galanteria
» .
Contro simili aberrazioni del costume insorse, voce aspra e di
rimprovero, il verso sdegnoso e demolitore di Giuseppe Parini e
quello non meno nobile negli intenti di Gaspare
Gozzi. :«
In questa
tendenza di ridurre a regola queJJo che prima era disordine, di dare
al vizio una specie di legalità, apparisce -'- dice giustamente il Car–
ducci - la tarlata coscienza del tempo
».
Se i cicisbei, come suppone il Foscolo, fossero stati
compo~ti
mirabilmente di qualità negative, o fossero stati degli
eunuchi,come
malignamente dice il Goudard, se la
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servitù si fosse limitata
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