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Capitolo VIII .

alle innocenti bambolaggini , che ricorda il Baretti, o alle corse che

il Gozzi descrive, ricorrendo le dame con le tasche piene di bossoli

con cip ria, nèi, ampolline .e spille, pettini e nastri, pronti ad ogni

cenno delle signore, non vi sarebbe stato altro a ridire che sulla

st rana pazzia, come' esc lama il Goldoni nel

«

Cavaliere

e

la Dama »

di se rvir per diletto e soggettarsi alle ridicole stravaganze d'una

donna per aver e il grande onore di essere nei numero dei cavalieri

servent i!

Ma si sa che il cicisbeo aveva l'obbligo di tener compagnia alla

signora dovunque , perfino nella sua camera, e poteva entrarvi se nza

far si annunciare anche nelle or e meno propizie. Doveva assistere al

suo a bbiglia rs i; onde bisognerebbe supporre che gli uomini fossero

di stucc o e le donne di sasso, per rit ener e che così intimo legame

potesse sempre contener si entro i limiti di una dis creta nobile ser–

vit ù, se nza mai olt repassare i limiti dell a cavalleria.

Crede il Millin, che visitò l'Italia nella se conda metà del sec.

XVIII,

che il cicisbeismo abbia avuto le sue ori gini proprio a Torino, e lo

collega coi

Valentini

e le

Yaleniine

dei tempi di Maria Giovanna

Battista di Nemours e di Maria Cristina.

Nel

Cerimonia le,

ancora inedito, del Conte Scaravello, Maestro di

Cerimonie della Corte piemontese, alla data 14 febbraio 1677 'si legge:

«

Madama Reale ha comandato che si rinnovasse la funzione di fare

li Va lenti ni alle dame,

e dice come si facesse una lista di

tutte le

dame d'honore

e

figlie d'honore della Corte

e

fatti altrettanti pollicini

(po lizze) col nome dei cavalieri

e

messi in un vaso d'argento dorato,

S . A . R. leggesse ad alta voce

i

descritti nella detta lista cominciando

da

1\1.

R.

Serv«

Principessa

e

tutte le altre . dame

e

figlie d'honore,

senza di stintione di precedenza ; quali con forme erano nominate, si

presentavano a'vunti Mad ama Reale,

e

iiraoano a sorte uno dei poll i;'

cin i,

e

subito aperto si nominava cava liere descritto, qual doveva restar

«

Va lentino» della dama che l'a veva estratto, alla . quale detto cava–

liere doveva far qualche rega lo di fiori

e

di nastri

» ,

A Maria Giovanna ·Battist a di Nemours spetterebbe dunque il

merito di aver ripri st inato qu esta istituzione di galanteria, della quale

a noi non è dato spiegarci l'origine, sebbe ne vi ' si possa veder la

deriv azion e di un a cons imile usanza alla Corte di Francia.

Nei

Valent in i,

osserva il cariss imo amico nostro Abd- el-Kad er

Sa lza, è qualche somiglianza indi scutibile coi cavalie ri se rventi del

secolo successivo ; ma non crede che qu esti abbiano avuto ori gine

da qu elli, come ad altri è sembrato, e' perchè i

Val entini

ser vivano