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342

. Capitolo VI.

2.

Vittorio Amedeo, nell'assumere il potere, aveva trovato il

paese ridotto in tale dipendenza dalla Francia, che per poco, si può

dire, non era in istato di vassallaggio.

Dovette prima di tutto sanar le piaghe dell'erario, ridotto in con–

dizioni deplorevoli; poi domare una rivolta scoppiata a Mondovì per

la gabella del sale, e vi riuscì parte con la clemenza e parte con la

fermezza. Non potè tuttavia sottrarsi subito, come avrebbe voluto, a

quella specie di tutela, che la Francia aveva preso ad esercitare sopra

il PIemonte; anzi fu talora costretto a secondare la politica dello zio,

avversa ai non cattolici.

.

Aveva Luigi XIV revocato l'editto di Nantes (1685) e mossa una

fiera persecuzione contro gli Ugonotti, costringendo ad emigrare dalla

Francia ben 50 mila famiglie; e poichè una parte di queste avevano

cercato rifugio presso i Valdesi, il despota francese

obbligò

il Duca

(aprile 1686) a portar la guerra, suo .malgrado, in quelle valli.

'

Vittorio Amedeo fece osservare al Monarca francese che la Corte

di Torino, prima di avventurarsi in una nuova persecuzione religiosa,

doveva procedere con somma cautela, poichè i Duchi precedenti,

avendola tentata, avevano fatto opera vana.

Coteste saggie osservazioni tl'Ovarono Luigi XIV irremovibile nei

suoi feroci propositi; anzi mandò a dire al Duca di Savoia, che, ove

.non fosse stato obbedito, avrebbe, dal canto suo, saputo compiere il

suo dovere.

Alla grave minaccia dovette piegarsi Vittorio Amedeo e pubbli–

care un bando pel quale i Valdesi dovevano cessare immantinente

dall'esercizio della loro religione, abbattere

j

loro templi, convertirsi

alla fede cattolica entro quindici giorni, pena lo sfratto dal· paese.

Il bando imponeva ad essi l'obbligo tassativo di educare secondo

i dettami della religione cattolica i loro figlioli, comminando ' per le

madri renitenti la fustigazione pubblica, e per i padri cinque anni

di galera.

Resisterono i Valdesi all'iniqua imposizione e presero le armi per

difendere la loro fede; ma ogni Tesistenza fu vana; ben 12.000 di

essi furono fatti prigionieri e chiusi nelle fortezze di Torino, Ver- ·

celli, Asti, Fossano, Mondovì e Cuneo. Molti di questi infelici, è con–

fortevole ricordarlo, trovarono aiuto e soccorso nella carità veramente

cristiana di due anime pie; quelle dei padri Valfrè e Morand. In essi

parlava, con le sue parole di amore, la voce del Redentore.

.

Duemila fanciulli furono affidati a famiglie cattoliche

perchè

li

educassero cattolicamente; cinquanta infelici vennero dal generale