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Capitolo VI.

vano nelle mani dei Francesi, che dappertutto portavano

il

saccheggio,

l'incendio e la rovina.

È

facile immaginare più che descrivere lo spavento che invase il

Piemonte a notizie così dolorose; ma il timore e il disordine, pres–

sochè universale, non avvilirono l'animo del Principe. Questi ebbe

coscienza della grave responsabilità del momento e mise in opera

tutto

il

suo accorgimento per rimediare a tanti mali, che affliggevano

il

paese. Il suo contegno fermo e risoluto rianimò le popolazioni

'sfìduciate, specialmente quando ingrossò l'esercito dei reggimenti

provinciali e chiese aiuto di danaro e vettovaglie ai Comuni e ai

Nobili, dei quali temperò ed abolì alcuni privilegi a sollievo del '

popolo. Venivano nello stesso tempo richiamati quei tre reggimenti

che Vittorio Amedeo aveva inviato nelle Fiandre, e che il Re di

Francia aveva disciolto in seguito alla rottura diplomatica col Pie–

monte. Tutti ottimi provvedimenti cotesti, che non valsero però a

cambiar la sorte della guerra.

I Francesi s'impadronivano , di Susa (13 novembre 1690), quindi

occupavano gran parte della Savoia, tranne la fortezza di Monmeliano.

Magro compenso a queste disfatte la ripresa di Avigliana.

Così la prima campagna non era certamente stata favorevole alle

armi piemontesi. Conveniva perciò, al rinnovarsi delle operazioni

guerresche, provvedere forze più vigorose e avvisare nuovi mezzi di

offesa. Fu radunato a questo intento, un Congresso delle potenze

'collegate a L'Aia, e qui vi fu stabilito di mettere in piede di guerra

un esercito di 9l00.000 soldati, e di concedere all'Imperatore i mezzi per

assoldare un corpo di truppe da mandare in aiuto di Vittorio Amedeo,

non stimandosi sufficiente rinforzo quello costituito da 5 battaglioni

di Ugonotti, emigrati di Francia e stipendiati dall'Inghilterra.

Nella primavera del 1691, il Catinat usciva dai quartieri d'inverno,

ed occupata Nizza, riprendeva Avigliana. Poi, dopo aver fatto scor–

rerie in questa o in quella regione del Piemonte, conquistò la terra

di Carmagnola e, suo malgrado, per obbedire agli ordini di Francia,

si acconciò ad assediare la città di Cuneo.

Vittorio Amedeo, che teneva assai al possesso di questa piazza,

fin dall'anno precedente l'aveva guernita di soldati sotto il comando

di Carlo Emilio di S. Martino, marchese di Parella, uomo energico,

audace, avventuroso, il quale, scrive il Gabotto, si era segnalato negli

intrighi di Corte come nella guerra' d'Ungheriacontro i Turchi, abi–

lissimo nella guerriglia e dovunque si richiedevano prontezza, colpo

d'occhio" ardimento.