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Capitolo VI.
distanza dalle mura; ma i difensori cominciarono a fulminarle siffat–
tamente, da obbligarle a tenersi nascoste nei ripari.
Nostre Coni, sire Louis
N'est pas un jardin pour tes lis
dice una poesia francese ,del tempo.
E '
diceva
il
vero: Cuneo non era certo terreno da piantarvi i gigli
di Francia.
Il 22 giugno di buon mattino tentarono i Francesi, con 12 com–
pagnie di granatieri, sostenute da un forte nerbo di truppe scelte e
da 200 dragoni, di dare un assalto alla città.
Sul principio dell'azione parve la fortuna arridere ai Francesi,
perchè, di primo impeto, occupano i primi stecconati di difesa, respin–
gonoj le milizie ducali dentro i bastioni di Porta Nizza e conquistano
;;>
il
i
fortilizio di Porta Caraglio. Mentre i prodi difensori della città,
arrestano gli audaci assalitori, il Marchese di Voghera esce da porta
Boves col reggimento Saluzzo e assale
il
nemico 'di fianco, e dopo
tre ore di lotta aspra e sanguinosa lo priva delle .posizioni occupate.
Non desistettero peraltro i Francesi e ripresero il bombardamento
e
i lavori d'approccio alla controscarpa delle mura; ma
il
27 gli asse–
diati, con due furiose sortite, fecero tanta strage dei nemici, che
temendo d'esser colti alle spalle dal Principe Eugenio e dal Marchese
di Parella, la notte dal 27 al 28, levarono
il
campo, abbandonando
cannoni, armi e carriaggi si dettero a vergognosa fuga, che il Catinat
nelle sue
«
Memorie
»
bollò con roventi parole.
La liberazione di Cuneo fu accolta con grandi feste in tutto il
Piemonte, e fu salutata come
il
principio della indipendenza pie–
montese.
Vittorio Amedeo fece coniare un'apposita medaglia commemora–
tiva col motto:
'Ouneum' olaresoere in 'adversis,
e scrisse una lettera
gratulatoria alla valorosa Città, la quale
«
avendo
il
vanto ' d'essersi
valorosamente difesa nei tempi andati in varie occasioni d'ostili inva–
sioni e d'assedi, ha saputo non solo imitare, ma , superare li suoi
antenati
».
Quindi, magnificando l'opera dei cittadini, ordinò ' che i
Cuneesi fossero, per tre anni, esenti da ogni aggravio.
Il popolo, festante per lo scampato pericolo e orgoglioso della
vittoria, deliberò solenni ringraziamenti a Dio, alla Vergine e al vene–
rabile Angelo Carletti, ai quali attribuiva', nella sua ingenua fede,
il
trionfo delle armi piemontesi, e volle, a ricordo di tanto avvenimento,
istituita una festa religiosa, da celebrarsi in perpetuo ai 28 di giugno.