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Capitolo Vi.

Non è, diffi cile imma ginare quale effett o producessero questi avve–

nimenti nell'animo di Vittorio Amedeo II. Le sue lett ere al Principe

Eugenio e all'Imperat ore palesano tutto il mal contento da cui era

angustiato per gli sca rs i aiuti che gli venivano da gli Imperiali.

Sospettarono allora i diplomatici au striaci che il Principe, per

prov vedere alla propria salvezza, tornasse ad intendersela con la

Francia; e il sospetto si accr ebbe quando Vittorio Amedeo, per pre–

mere sugli Alleati e indurli a sforzi maggiori , faceva uscire dalla Cit–

tadella di Torino i soldati imperiali del presidio sostituendoli con

milizie piemont esi.

A scongiura re il temuto peri colo che in realtà non esisteva, perchè

Vittorio Amedeo era lontanissimo da un simile pensiero, il Principe

Eugenio

«

mentre faceva tutto ciò che umanamente gli era possibile »,

affine di soccorrere effi cacemente il Duca, non cess ava di scrivergli

lett ere mirabili di forza e di affetto per trasfondere nell'animo di lui

la fiducia nel trionfo final e e rinnovargli la promessa che avrebbe

fatto tutto al mondo per sollevarlo dalla rovina.

'

Egli fratt anto faceva vive premure a Vienna e presso gl'I ngles i,

affìnch è

mandassero efficaci aiuti al Cugino , e gli spediva, alla spic–

ciolata, qualche migliaio di soldati. Ma quand'egli scese in Italia

con nuo vi rinforzi, seppe che il General e Reventlauche comandava

. le truppe au striache acquartierat e fra Montechiaro e Calcinato

(7 aprile 1706), era stato battuto, perdendo 3000 uomini e 6 cannoni.

Quel rovescio impediva agli Imperiali di prender l'offen siva :

occorreva ripararlo e attendere occasion e propizia a tentare la ri–

scossa.

Fortunatamente, ess endo stata la Francia vinta' a Ramilli es

(23 maggio 1706) nei Paesi Ba ssi dal Malbourough e nella Spagna

da Carlo d'Au stria, proprio mentre la flotta inglese occupava l'isola

di Minorca, Porto Mahon e il Forte di Gibilte rra, Luigi XIV, nell'in–

tento di porre rimedio a qu este parziali sconfitt e, richiamò il Ven–

dome che nelle guerre combattute in Italia aveva dato prove di

ottimo capita no, e lo mandò prima a comandare gli eserciti che ope–

ravano nei Paesi Bassi, eppoi in Ispagna.

Al comando supremo delle milizie fran cesi operanti in Italia

destinò il La Feuillade, ponendogli al fianco il Duca d'Orléan s suo

nipote e il' Maresciallo Marsin.

Il La Feuillade av eva allora t rent'anni, ed era giunto a quell'alto

grado in grazia della ormai vecch ia favorita di Lui gi XIV, Madama

di Maintenon, di cui il giova ne ufficiale aveva saputo guadagna rsi

(