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Maria Cristina e Carlo Emanuele Il

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a escludere dagli ordini sacri gli ind egni e privar e dei privilegi eccle–

siastici coloro che non adempissero agli obbl ighi imposti dall e leggi.

Il Governo du cale sugge rì altri temperamenti , che Roma non ac–

cett ò;

ma finì col consentire che si riscuot esse sui beni catas ta li del

clero la: metà dei carich i che avrebb e dovuto sopporta re ; e il cle ro

si piegò al pagamento.

Mentre si piativa per qu esti fatti, molte altre competizioni insor–

gevano tra lo Stato e la Chiesa; fra le quali quella relat iva al nuo vo

titolo di

Eminenza

pei ca rdinali, quella per le sedi vaca nti, per la

soppress ione di conventi e monasteri, per la creazione di nuovi

vescovadi, per la tolleranza vers o i Valdesi, per la giur isdizione del

Santo Uffìcio, per la nomina di Prelato stran iero, per le qu esti oni

relative

all'Indulto.

In una parola la Chiesa , sente ndo vacillare sotto i piedi il terreno ,

s i sforzava di conservare un pa ssato che cont ras tava sempre più

con le tendenze e i bisogni nuovi, mentre lo Sta to, non ancora con–

sapevole de' suoi diritti e delle sue forze, tentava nuove vie di affer–

mazione, senza aver il coraggio di ribellarsi

il

quei principi, dei

quali non osava poi sopporta re le

con~eguen ze,

12. - Quando Vittorio Amedeo pr'ese le redini del govern o, le

finanze dello Stato erano così dissestate che non potè riscattare le

gioie impegnate a Lion e e a Ginevra, e fu necessario , per ottenere

una proroga alla vendita coatta, concedere un titolo nobiliare a un

fratello dei suoi creditori.

Morto che fu il Duca non

è

a dir e come le condiz ioni della finanza

si faces sero peggiori finchè durò il govern o di Madama Reale: le

spese della gue rra civile, il danaro profuso a comperare amicizie e

la cattiva amministrazione avevano condotto l'erario sull'orlo del falli–

mento; onde fu nece ssità metter nuove tasse così stabili come straor–

dinarie ed esigere le vecchie con metodi vessatori e fiscali (fig. 70).

L'imposta prediaria, detta

tasso,

che nel

1628

rendeva

195.000

scudi

d'oro, nel

1666

era salita a

219.000

scudi con l'acquisto dei territori

. di Trino e di Alba (1 ). Ma non tutta quest a somma era incassata dal

Governo, chè, circa la metà di essa era impiegata in appannaggi e

pensioni e servizi speciali, con facoltà in chi aveva ricevuto la

conce ssione di servirsi persino del diritto di rappresaglia, vers o

(1) Il ragguaglio dello scudo d 'o ro a lla lira variava d'anno in anno, Nel 1666 lo

scudo d'oro valeva lire 6, 17 sold i e 6 den ari, cioè soldi 137 e mezzo.

20 - RRAOAGNOLO

e

B ETTAZZI,

Torino nella storia del Piemonte e d'Italia,

\' 01. II.