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Capitolo VII.
i luoghi di Dolceacqua, Broglio e Oneglia. Per fortuna, 'dopo que sti
lieti eventi, scoppiò discordia fra il Conti e Las Minas, comandante
degli Spagnoli. Voleva questi seguire la via litoranea e penetrare in
Piemonte dal Genovesato, pr eferiva il primo la via del colle di Tenda.
Non esse ndoci possibilità di conciliarli, i .risp etti vi sovrani, scel-
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sero di comune acco rdo un nuo vo piano .di offensiva e impo sero ai
10\'0
capita n i di sce ndere in Pi emonte
p'e~
la valle della Duranza
verso Bar cellon etta e Guillestre.
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I Piemontesi intanto si erano
fortifì catia
Cuneo, a Demonte e
al pa sso delle Barricat e. Il Re, acceso di sdegno per la debole resi–
stenza opposta dal suo ese rcito nella Contea di Nizza,
imponev~
ai
suoi di resist er e a ogni costo e ne assumeva .lui stesso il supremo
comando.
Questa volta era solo, non più accompagnato dal Marchese d'Ormea
alquanto decaduto dal favore sovrano. Fo sse gelosia del Principe
pei success i diplomati ci del Ministro, o le arti cortigiane degli invi–
diosi, o il far e altezzoso e superbo del Ministro stesso, che avrebbe
volu to recitar forse la parte del Richelieu o del Mazzarino, o tutte
quest e cose insieme, certo si è che ormai la stella sua cominciava
a declinar e.
I Gallo-I spani, vali cati i monti, con abile mos sa. aggirante, obhli–
ga rono i Piemontesi ad abbandonare il propugnacolo delle Barri–
cate, dove il Re pensava di trattener e il nemico almeno per un
mese
(C!!O
luglio), nè più lunga fu la resist enza di Demonte. Essendo
alcune bombe cadute sopra cer te fortifi cazioni non finite , e perciò
ancor a rivestite di legname e di fascine, vi appiccarono il fuoco che
si propagò a un depo sito di viveri, e minacciava quello delle polveri.
La guarn igione em corsa ad ' estingue rlo; ma come si accorse che
l' impresa era assai diffi cile, temendo lo scoppio della polveriera, si
dett e vergognosamente a lla fuga, nè valse ro gli incitamenti e le
mina cce degli ufficiali ad ar res ta rla , e specialmente del maggiore
Borelli, comandante della piazza, che , rimasto al suo posto, gridava
che il fuoco non avrebbe raggiunto il deposito delle polveri.
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Gli assedianti non osavano entra r nella fort ezza, ormai espu gnata,
perchè anche loro atte ndevano lo scoppio degli esplodenti, che poi
non avvenn e. Vi entr arono bensì, a incendio finito, quando ogni peri–
colo di sa ltare in ari a era scongiurato.
La intrepidezza del Borelli fu celebrata dal Re e dai suoi contempo–
ran ei, e an che oggi non è caduto nell 'oblio il nome del prode soldato,
a cui venne recentemente intitolata la caserma alpina di Demonte;