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La vita e

il

costume torinese sul cadere del secolo

XVIIl

527

trarie a quelle approvate dal Re. Il Governo non solo fomentava, ma

poderosamente aiutava le Congregazioni di carità e le Confraternite

religiose a praticare la beneficenza pubblica dando pane e lavoro

agli indigenti e ai fanciulli poveri un mestiere che li togliesse in

tempo utile dalle vie della miseria e della corruzione.

Anche

nel secolo

XVIII,

così come oggi, Torino era ricca di istituti .

di beneficenza, intesi ad attenuare le sofferenze e le miserie dei

poveri.

L'Ospedale di S. Giovanni provvedeva a raccogliere e curare i

malati; l'O pera pia «Boggetto » accoglieva i sifilitici; la Casa della

Maternità le partorienti povere; l'Ospizio di Carità i mendichi;

l'Albergo di Virtù gli orfanelli. V'era un ricovero per i Pellegrini,

un'istituto detto dei Catecumeni, che ospitava coloro i quali, nati in

altre religioni, volevano abbracciare la fede cattolica (1).

Nel Conservatorio della Provvidenza, ap erto nel 1735, per inizia–

tiva di Augusto Renato Birago, trovavano una conveniente educa–

zione le fanciulle di civile condizione, e nel ritiro fondato da Rosa

Govona (1775) e perciò detto delle

Rosine,

venivano accolte le zitelle.

Questa .fuggevole enumerazione ·dei principali istituti di benefi–

cenza, dovuti alla carità pubblica e privata, non sarebbe completa se

non ricordassimo l'Opera pia di S. Paolo (vedi vol. I pago778), prov–

vida sopra ogni altra e benefica.

A reprimere, o meglio ad estirpare l' accatonaggio, Vittorio

Amedeo II e poi Carlo Emanuele III, avevano emanato severi prov–

vedimenti. Non solo ogni povero valido o invalido di qualunque età

o sesso ebbe assoluta proibizione di mendicare, pena il carcere; ma

venne proibito a qualunque persona di qualsivoglia qualità, grado,

condizione, di far limosina ai mendicanti, sotto pena di multa o di

vari altri castighi.

Il ministro Mellerede, nelle istruzioni messe a stampa, diceva:

«

Non bisogna aver riguardo a quella sciocca compassione di alcuni

ignoranti,

i

quali s'immaginano che sia contro la carità cristiana

mettere in prigione un povero che domanda la limosina per amor di

Dio e di Gesù Oristo, come se sotto pretesto di questo bel nome avesse

diritto di trasgredire le leggi del Governo, di scandalizzare il pubblico

e di introdurre la disobbedienza ai Magistrati

» .

(1) Il

a

aprile 1728 entrò in questo Ospizio dei Catecum eni Gian Giacomo

Rousseau d'anni sedici; fece l'abiura

il

21 e

il

battesimo condizionale gli fu

amministrato due giorni dopo, essendo padrino un Giuseppe Andrea Ferrero e

madrina Francesca Maria Rocca.