Scheda: Tema - Tipo: Architettura e urbanistica

Vigne e ville della collina torinese

Con la denominazione "vigne" sono indicate ville e cascine che sorsero a partire dal XVI secolo su tutto il territorio della collina torinese, su appezzamenti di terreno in gran parte coltivati a vite.

 


Inizio: XVI Sec. (1500-1599) - XIX Sec. (1800-1899)

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Le origini

La collina di Torino, oltre ai pregi di tipo naturalistico e paesaggistico, racchiude un patrimonio
architettonico molto interessante e poco conosciuto: le "vigne". Con questa denominazione sono indicate ville e cascine che sorsero a partire dal XVI secolo su appezzamenti di terreno in gran parte coltivati a vite. Esistevano costruzioni rustiche già a partire dal XIV e XV secolo, peraltro poco numerose a causa della forte pendenza del terreno e dell'insicurezza della campagna nel Medioevo. Anche in seguito, a partire dal '600, durante gli assedi e le incursioni straniere le ville vennero frequentemente incendiate o distrutte.
E' nel '600 che, come riporta Elisa Gribaudi Rossi nel suo Vigne e ville della collina torinese, «le
grandi famiglie nobili, lasciati i castelli aviti della provincia si accalcano nella capitale attorno alle corti fastose di Carlo Emanuele I prima e di Madama Reale poi. Insieme all'aristocrazia s'affrettano a costruire vigne tutti coloro che, arrichitisi con il mercantilismo, vengono nobilitati dalla mano facile delle due Madame Reali. E non fu forse prerogativa femminile, almeno nella famiglia regnante, preferire le vigne collinari ad altre villeggiature? E' certo che Ludovica di Savoia, Anna di Orléans, Maria Antonia di Borbone Spagna amarono assai più la vigna detta prima Ludovica e poi della Regina, che i fasti reali di cui potevano usufruire».  (1)
Il periodo più felice per la costruzione delle ville collinari è il '700.
Mentre all'inizio del '600 le abitazioni venivano ricavate restaurando parti del rustico preesistente, nel secolo successivo si costruiscono edifici completamente nuovi spesso affidandosi all'ingegno di grandi architetti come Ascanio Vittozzi (Villa Regina), Berardo Vittone (Villa Cipresso, Villa Paradiso) e Mario Quirino (Villa Rey) o ricorrendo a elementi di derivazione juvarriana.
Le costruzioni, localizzate sugli speroni della collina, sono generalmente visibili l'una con l'altra, inoltre veniva attentamente cercato l'adattamento alle condizioni del terreno, in modo da sfruttare al meglio orientamento, soleggiamento, conformazione morfologica del terreno. Senza sopraffare il paesaggio naturale circostante.
La collina rappresentava la dispensa della città, a cui forniva prodotti agro-alimentari; la coltura della vite era di primaria importanza, anche se i vini non erano di particolare pregio.
Fattori economici e politici, come il forte aumento dei prezzi dei prodotti agricoli che si verificò nel corso del '700, permise ai proprietari di disporre di forti capitali da investire, così come l'abbondante presenza in collina di cave di gesso e calce (che garantiva la disponibilità di materia prima a basso costo), resero possibile la diffusione e la costruzione di nuove ville.
Alle famiglie nobili più antiche si accostarono nuove classi di nobili, generalmente ricchi borghesi, e furono appunto queste classi, stimolate dalle attrattive del paesaggio e dalla vicinanza della città, che scelsero di costruire le vigne come vere e proprie ville per la villeggiatura, lo svago e il riposo, destinando il palazzo in città a funzioni di rappresentanza.
Le frequenti epidemie indussero in alcuni periodi i ricchi torinesi a lasciare la città e rifugiarsi in collina, ma non fu questa certamente la ragione principale di tale scelta. Si trattò piuttosto di una vera e propria moda, come riporta Cesare Balbo «Non è quasi un buon cittadino di Torino, sia nobile o borghese, bottegaio o merciaio, a cui i soli nomi della "collina" e della " vigna" non destino ad un tratto mille pensieri di felicità passata, presente o almeno in idea. Ogni torinese ebbe, ha o avrà la sua vigna: se non egli, l'avrà qualche suo figlio o nipote». (2)
Nel 1753, nella Guida dé Forestieri per la Real Città di Torino, l'autore Giuseppe Gasparo Craveri scrive che all'uscita dalla città a levante «s'offre di subito all'occhio il prospetto di una serie di vaghe, e fruttifere colline, sparse di deliziose Vigne in tanta abbondanza, che potrebbero da sole formare un'altra città». (3)
Nel 1790 l'archittetto Amedeo Grossi nella sua Corografia del territorio di Torino registra 483 ville, di cui 392 nel versante torinese, inserite in un paesaggio agrario a vigneto e a bosco percorso da una rete viaria pedonale.

Note

(1) Gribaudi Rossi, Elisa, Ville e vigne della collina torinese: personaggi e storia dal XVI al XIX secolo, Le Bouquiniste, Torino 1975, p. 11

(2) Grigliè, Remo, Breve guida della collina torinese, Teca, Torino 1961, p. 70

(3) Craveri, Giovanni Gaspare, Guida de' forestieri per la real città di Torino, in cui si dà notizia delle cose piu notabili di questa città, e suoi contorni; cioè di chiese, conventi, monasteri, e luoghi pii..., Gian Domenico Rameletti, Torino 1753, p. 153

Bibliografia

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